mercoledì 27 novembre 2013

Questa è la mia vita

27 - 11 - 2013
Oggi ho mosso un altro passo della mia vita.
E per chi non l'avesse capito...
...questa E' la mia vita!


giovedì 22 agosto 2013

Mi fido di te

... forse fa male eppure mi va...
di stare collegato, di vivere di un fiato 
di stendermi sopra al burrone, di guardare giù 
la vertigine non è paura di cadere 
ma voglia di volare 

mi fido di te, mi fido di te, mi fido di te, mi fido di te
ehi mi fido di te 
cosa sei disposto a perdere...

mercoledì 21 agosto 2013

Mercoledì 21 Agosto 2013

La notte è trascorsa bene. In effetti andare a letto così presto non ti fa pesare svegliarti alle 6:45. Impossibile per me replicarlo a casa! Mi lavo e faccio colazione quando fuori c'è un sole bellissimo e un cielo blu privo di nuvole. Mi attrezzo per la ferrata e aspetto un po' che si scaldi l'aria. Parto in direzione della torre Toblino alle 10:00, da solo. Conto di raggiungere l'attacco e aspettare che arrivi qualcuno col quale fare la salita. Nell'avvicinamento mi preparo mentalmente: questa è dichiarata essere una ferrata particolarmente difficile. Cerco di ascoltare il mio respiro e tengo un passo costante sul sentiero. Mi conto i passi e mi visualizzo in vetta. Aggiro la torre da sud-est e arrivo all'attacco. Non molto dietro di me ci sono quattro tedeschi (tanto per cambiare!) e decido che si può partire. La ferrata si mostra subito tosta: è verticale, molto tecnica ed esposta. Ci sono bei passaggi attrezzati col cavo e una decina di scalette arditamente attaccate alla parete strapiombante. Assorto nella mia concentrazione mi ritrovo, per me in un attimo, in vetta (2617 m). C'è una croce anche qui e il panorama è mozzafiato. Ci sono anche altri due tedeschi (pensa un po'!), mamma e figlio. Scambiamo quattro chiacchiere ed è ora di scendere. Anche la discesa è attrezzata ma su roccette ben gradinate. Sono di nuovo alla base della torre. Questa è sicuramente una delle più belle ferrate che abbia mai arrampicato, ma ora sono finite e l'impegno tecnico/mentale anche. Penso a come l'ho affrontato, a come l'ho preparato e mi congratulo con me stesso! In più ho la sensazione che ci sia sempre stato qualcuno da lassù che mi aiutasse a tirare su lo zaino, a spingermi su un passaggio verticale, a sostenermi sui sentieri esposti in costa. Papà, dovevi proprio andartene lassù per starmi così vicino... Ma ora ti sento con me. Arrivato in rifugio ricostruisco il mio zaino e decido di tornare al rifugio Auronzo facendo il giro delle tre cime di Lavaredo. Sono altre due ore di cammino, passando per una vallata. Arrivo alla macchina stanco ma ugualmente carico di energie. Mi cambio e avvio la macchina. Nello scendere trovo una coppia di signori, con cagnetto, che mi chiedono un passaggio e li carico su. Li porto fino alla barriera del pedaggio e li saluto. Ora è tempo di scrivere qualche cartolina, dirigere il muso verso Belluno e tornarsene a casa. Non mi dispiace tornare. Ho trovato quello che cercavo e sono carico dentro. Troppa solitudine non mi piace e non fa bene, anche se quella che mi sono imposto adesso era voluta. Ciao Dolomiti, alla prossima... Chissà

La montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano il riposo nella quiete, come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte. [Guido Rey]


Il monte Paterno

Le tre cime di Lavaredo


Dalla vetta della Torre Toblino

I laghetti dietro al Rif. Locatelli

Martedì 20 Agosto 2013

La notte scorre tranquilla anche se pure questa volta c'è una persona che parla nel sonno, e non bisbigliando... Sveglia alle 6:45 e gli occhi cercano di capire che tempo fa fuori. La luce che entra dalle finestre non è molto brillante e infatti il cielo è coperto da nuvole. Non piove ma tira un sacco di vento freddo e il termometro segna 5 gradi. Molti di quelli che sono qui, trasferendosi tra i rifugi attraverso sentieri, si mettono comunque in cammino. Io attendo che il tempo migliori e il sole scaldi un po' la roccia, che durante la notte ha preso un'ondata d'acqua. Approfitto per finire il mio libro e si fanno le 10:45. Guardo la cima del monte Paterno che non è più sormontata da nuvole mentre rimando decisamente la ferrata alla torre Toblino. Decido di tirare fuori le attrezzature da ferrata e mi vesto per il freddo e il vento arrangiando lo zainetto nuovo, comodissimo. Prendo l'abbrivio quando vedo arrivare quattro tedeschi che anch'essi si stanno preparando per la stessa ferrata. Non essendo più solo decido che si va! Mi avventuro e finisco per entrare io per primo nelle gallerie. Avevo provato questa sensazione nelle gallerie del Lagazuoi ma qui mi sembra più intensa. La galleria è lunga 300 metri ed è molto ripida oltre che completamente buia. Quanta storia è passata qui dentro, e quanto dolore. All'uscita della galleria inizia la ferrata che si rivela molto più facile di quanto menzionano le guide. Con passo tranquillo arrivo in vetta a 2780 m. Mi rifocillo un po' e riscendo alla forcella proseguendo il cammino per le creste a nord-est. Entro un paio d'ore sono quindi di rientro al rifugio Locatelli che mi ospiterà anche stanotte. Mangio un piatto caldo e mi lavo un po', mettendomi a prendere caldo sotto le coperte. Alle 17:00 finalmente il sole prende ancora possesso del cielo e l'aria si scalda un po'. Questa sera mangio nel locale bar invece che in quello ristorante. Una cosa che non mi piace di questo posto è l'estrema presenza e propensione per i turisti tedeschi. Il personale del rifugio fa quasi fatica a capirti quando parli italiano. Oggi mi sento dire che non hanno un menù in italiano per la sera! Va bene l'integrazione e l'apertura al prossimo ma così mi sembra un po' eccessivo! Siamo ancora ampiamente in territorio italiano. Il tramonto incombe e le tre cime assumono una colorazione arancione fantastica! Salgo in camera e a fianco a me arriva una famigliola con due bimbi super eccitati: è almeno un quarto d'ora che non smettono di parlare... speriamo che svengano e che sia una notte tranquilla.

L'ingresso galleria ferrata Innerkofler al monte Paterno

Dentro la galleria, in salita

La torre Toblino - durante la ferrata Innerkofler

Uno scorcio dalla ferrata Innerkofler

Le tre cime di Lavaredo dalla vetta del monte Paterno

La torre Toblino dalla vetta del monte Paterno

Si vede che ci sono 7° C?

Il monte Paterno

Le tre cime di Lavaredo

Lunedì 19 Agosto 2013

È la prima volta che mi capita di dormire in una camerata di un rifugio completamente solo. Questa notte è successo. Mi sveglio per le 6:50 visto che dovrò aspettare la partenza della seggiovia alle 9:00. Il sole splende ancora, anche se la giornata sembra più carica di umidità. Mangio, mi preparo, leggo un po' e giù con l'impianto fino a Cortina. Mi faccio un giro di un'oretta per acquistare uno zaino snello da usare per le ferrate e prendere dell'acqua. Poi dirigo la macchina verso Misurina e prendo la strada a pagamento che porta al rifugio Auronzo. Sono ancora a 2300 m, parcheggio e, zaino in spalla, mi incammino per il rifugio Locatelli, passando per il rifugio Lavaredo e l'omonima forcella. Penso all'analogia tra camminare in montagna e andare avanti nella vita... bisogna fare un passo per volta, non puoi fare altro. A volte l'unica cosa che puoi e devi fare è muovere quel passo in avanti (seppur in salita e con peso sulle spalle), così da portare avanti anche l'altro e avanzare. Il tempo si sta' guastando e il vento porta anche il freddo. Arrivo a destinazione alle 14:00 e mi sistemo in camerata. Questa volta il rifugio è molto grande, tiene 120 posti e sembra pieno. Sicuramente è molto affollato in queste ore. Cerco di stare un po' fuori a leggere ma fa troppo freddo. Rientro, prendo un thè e continuo a leggere. Qui non c'è nemmeno segnale col telefono e riesco a malapena a mandare un paio di sms. Sono solo in mezzo alle montagne. In men che non si dica è già ora di cena, anche se sono le 18:15! Che orari strani. Mi siedo in un tavolo dove c'è una coppia di israeliani e mi metto un po' a parlare in inglese. Mi piace scambiare qualche parola con persone di cultura e provenienza differente dalla mia. Al tavolo ci raggiungono poi tre ragazze romane e due signore, sorelle. Una di queste si spaccia per conoscere un sacco di lingue (italiano, inglese, francese, tedesco e perfino latino, ci tiene ad aggiungere) ma con i due stranieri non spiccica parola in inglese e non parla che in italiano... Ad un certo punto mi chiede pure di tradurre un discorso che ha fatto il signore israeliano aggiungendo: "ah, allora avevo capito bene... Volevo solo una conferma...". Durante la cena arriva il temporale: in un attimo il rifugio è circondato dalle nuvole, piove e grandina e la temperatura crolla a 7 gradi. Vado a preparare la cuccetta e riscendo nel locale bar a leggere fino alle 21:00. Non c'è molto altro da fare e con la speranza che il tempo migliori vado a letto.

Le tre cime di Lavaredo - Da Rif. Locatelli

domenica 18 agosto 2013

Domenica 18 Agosto 2013

Suona la sveglia alle 6:20 e questa notte è trascorsa decisamente meglio della precedente. In camerata eravamo solo in 5 e tutti disciplinati. Peccato un signore, giusto di fronte a me, che alle 3:00 di notte ho scoperto parlare nel sonno! Continuava a bisbigliare... ti svegliavi come nei film dell'orrore prima di capire che era lui. Anche oggi la giornata è meravigliosa. Sulla pista da sci, subito sotto il davanzale del rifugio dove facciamo colazione, scorgo una trentina di camosci che pascolano! Mangiato un po' si mette lo zaino in spalla e alle 7:30 esatte si parte. Affronto un breve sentiero attrezzato (sentiero Astaldi) che non mi fa perdere quota e mi fa attraversare il fronte della punta Anna. C'è un cavo che funge più da corrimano e, nei pezzi in cui non c'è, la parete è molto scoscesa e il sentiero stretto. Tecnicamente facile ma richiede di attenzione. Girato uno degli ultimi angoli di montagna mi compaiono davanti altri 4 camosci a non più di 20 m da me. Che buffo, non ne avevo mai visti in montagna e oggi se ne sono presentati così tanti: sembra quasi la giornata del camoscio! Ora sono nella valle tra le tofane e vedo la forcella che introduce al rifugio Giussani (2600 m). Mi raccolgo in me stesso e inizio un'altra ora di salita contando i passi. Arrivo al Giussani che sono le 9:00 esatte. Sopra di me la tofana di Rozes che si staglia nell'azzurro del cielo. Mangio qualcosa, lascio lo zaino al rifugio e con la borraccia a tracolla e il pile a giro vita iniziò a salire. In ascesa incontro un bel po' di persone. La salita è poco comoda e scarsamente segnalata. Fortuna che si deve solo salire in direzione di un promontorio a circa 2900 m. Così ci si inerpica. Il mio passo è costante e mi meraviglia di riuscire a tenerlo, merito anche non avere peso sulle spalle. L'altimetro incrementa le letture e, superando delle brevi lingue di neve, si arriva esattamente in direzione della croce in vetta. La sua vista mi rinvigorisce e i passi si fanno incalzanti. Sbuco al fine in cima, a 3240 m. Mi metto il pile per proteggermi dal vento, che innalza delle nubi leggere e mi arrampico sulla base della croce. La abbraccio e ci sto per un paio di minuti. Era da tanto che volevo arrivare lassù e averlo fatto da solo mi trasmette molta fiducia nelle mie possibilità. Mi viene da piangere e faccio uscire le lacrime. Non è una semplice conquista di una vetta per me oggi, è la riconquista della mia fiducia, della mia energia, della mia serenità, della mia voglia di vivere. Queste erano le motivazioni di questo viaggio in solitaria e, fino a che non le ho provate dentro di me oggi, nemmeno io ero riuscito a coglierne l'essenza fino in fondo. Sono immerso in un paradiso di natura e domani mi trasferirò ad ammirare le tre cime di Lavaredo che non ho mai avuto il piacere di vedere da vicino, ma per la pace raggiunta oggi il mio viaggio potrebbe anche finire qui. Torno al Giussani affrontando la discesa non meno impegnativa. Mangio qualcosa e torno indietro al Pomedes. Arrivo abbastanza distrutto, anche se appagato. Mi rilasso i muscoli, doccia semifredda, lettura di un libro che trovo interessantissimo (OPEN - Andre Agassi) e cena nella stanza dove, questa sera, sono l'unico ospite italiano. Sono anche da solo in camerata e riprendo il letto di ieri sera. Domani sveglia un po' più con calma nell'attesa che riapra la seggiovia e mi riporti in valle dove, con la macchina si andrà verso le tre cime.


Camosci sulla pista da sci - Da Rif. Pomedes

Camosci sul Sentiero attrezzato Astaldi

Tofana di Rozes - Da Rif. Giussani

La Marmolada - in ascesa alla tofana di Rozes

Il Rif. Giussani dalla cima della tofana di Rozes

Tofana di Mezzo e Tofana di Dentro

Croce in vetta alla Tofana di Rozes

Finalmente in vetta!

Magici colori - Sentiero attrezzato Astaldi





Sabato 17 agosto 2013

Sono ormai in rifugio da ieri immerso nello splendore delle tofane, al Pomedes. La sveglia questa mattina è quasi una liberazione. In camerata ieri c'erano degli stupidi che hanno fatto casino fino a tardi e poi un concerto di russate da fare spavento. Morale: non ho chiuso occhio, complice anche una certa agitazione per il pensiero di affrontare una ferrata seria, qui in Dolomiti, dopo tanto tempo, e poi dalla sensazione di dolore ad una caviglia che ho provato a metà notte. Alle 6.30 mi alzo, prendo il mio zaino dove infilo il sacco letto e vado a prepararmi nel locale antistante dove ci sono lavandini e bagni. La caviglia duole ma è solo affaticamento poiché non ho preso nessuna storta: spero che con lo scarpone si faccia sentire meno. Alle 7.00 colazione dopo essere stato sul davanzale del rifugio ad ammirare un cielo completamente blu e privo di ogni nuvola, contrariamente ad ogni previsione. Pago e saluto i miei compagni di cena del giorno prima. Stretching, riscaldamento, zaino in spalla e via verso l'attacco della ferrata. Ieri ero stato in avanscoperta e ci metto ancora 15 minuti. Mi metto l'imbrago e l'attrezzatura per la ferrata, saluto una coppia che nel frattempo mi ha raggiunto ed attacco. La sensazione è bellissima: si arrampica! La montagna sembra riconoscermi. Il passo è regolato ma costante, non voglio stancarmi eccessivamente: ho tutto lo zaino sulle spalle e si fa sentire. Ho stupidamente omesso di portare uno zainetto più snello per affrontare le ferrate lasciando quello grande in rifugio. La ferrata è tosta, non la ricordavo in questo modo. Ci sono molti passaggi verticali e alcuni sono esposti. In alcuni ci vuole forza e tecnica e ogni mossa è rivolta alla percezione del mio corpo. So di essere più allenato di anni fa, di essere dimagrito, di aver praticato arrampicata indoor tutto l'inverno, di aver fatto fiato con vasche e vasche di piscina ma... basterà? La caviglia non dà problemi ma sono in ascolto del mio braccio sinistro che ho sollecitato con i lavori in giardino nella casa in montagna. Procedo, ce la faccio e salgo. In un'oretta e mezza raggiungo Punta Anna (2720) e il cielo si è caricato di qualche nube che in cresta alla cima appare come una strana nebbia. Si sente il vento e la stanchezza inizia a bussare. Bevo un po' e procedo oltre, cercando lo sbocco più avanti verso il sentiero attrezzato Olivieri. Mi faccio una foto e non trovando indicazioni seguo un sentiero che scende e che sembra giusto guardandomi intorno. Scendo 200 m e incrocio dei cartelli: la strada è giusta, ecco il sentiero attrezzato. In un altro paio d'orette rientro quindi al rifugio Pomedes. Sono stanco e un po' dolorante ma la sensazione interiore è di gran armonia. Sono solo qui, per scelta, ma ora vorrei tanto essere in compagnia. Mi riposo sul prato con il sole che scalda pelle e ossa. Ho prenotato la notte al rifugio Dibona, 300 m più in basso. Le previsioni per domani sono però migliorate. Mi chiedo allora se non sia possibile puntare alla cima della tofana di Rozes. La ferrata Lipella è però improponibile: dal Dibona si deve salire per 400 m di dislivello fino alla base della tofana. Poi si deve aggirare la tofana fino al castelletto e in uscita da li iniziare la ferrata fino alle tre dita. Arrivati li si sale ancora per la cima per la vera e propria ferrata e poi in discesa per il Giussani e ancora giù per il Dibona. Per dove sono stato costretto a pernottare si tratta di un giro lunghissimo e stancante (avrò ancora il mio zaino sulle spalle), troppo condizionato dal tempo! Decido allora di cambiare programma e di rimanere a pernottare al Pomedes, dove nel frattempo mi riposerò, recuperando forze e ore di sonno perso. Se il tempo tiene mi sveglierò presto e andrò, rimanendo in quota, a fare il sentiero attrezzato Astaldi, sbucando per il sentiero verso il Giussani. Dovrei arrivarci per le 9.30 e, lasciando lo zaino e valutando il tempo, potrei puntare la cima della tofana direttamente da li. Purtroppo non c'è posto per dormire al Giussani, quindi dovrò tornare al Pomedes ripercorrendo la strada fatta al mattino. Mi riposo, mangio della pasta, leggo, dormo un'oretta e mi lavo. Si sono fatte le 19.00, ora si cena e via incontro alla notte.


Punta Anna (tofana di mezzo) - Ferrata Olivieri

Insolita conformazione rocciosa - Ferrata Olivieri

Tofana di Rozes - da Ferrata Olivieri




All'uscita della Ferrata Olivieri

Gruppo Sorapìs all'ora di cena dal Rif. Pomedes





























Venerdì 16 Agosto 2013

La sveglia suona alle 7:30 ma tra ultimare i preparativi e chiudere casa, prima delle 9:00 non parto. La macchina è puntata in direzione Dolomiti e la strada è lunga. Mi aspettano 5 ore di viaggio che, immancabilmente, sono allungate dalla coda in uscita a Peschiera per la gene che va ai parchi del Garda. Poco male, almeno nel resto del viaggio non ho trovato la minima coda. Esco a Bressanone e volto per la Val Pusteria. Approccio Cortina da nord e raggiungo la partenza della seggiovia alle 15:00. Quando spengo la macchina mi fermo a guardare in avanti, appoggiato sul volante. Mi dico "bene, eccoci qua, ora devi decidere di affrontare questa avventura". Ripasso le mie motivazioni che mesi fa mi hanno portato a pensare e prepararmi per questo viaggio solitario, chiudo gli occhi, apro la porta e metto fuori un piede... Ecco, si inizia veramente! Mi accomodo in seggiovia col mio compagno di viaggio: lo zaino. In un attimo sono a 2300 m al rifugio Pomedes, dove passerò la notte. Pur non essendo colmo come quando facevo le alte vie a 20 anni, lo zaino è grande e ha il suo peso. Mi ci devo abituare. Lo carico in spalla e mi dirigo fino all'attacco della ferrata che domani mattina, meteo permettendo, percorrerò. Sono giusto 20 minuti ma sono utili per cominciare a far sentire alle gambe lo sforzo che dovranno sopportare, sia in salita che in discesa. Anche il fiato deve 'rompersi', nonostante le molte vasche di piscina che sono riuscito a nuotare. Qui siamo in quota e il cuore deve battere un po' di più. La sensazione con la montagna è positiva e mi sembra ieri che percorrevo questi sentieri. Effettuato il test me ne torno in rifugio e prendo possesso della mia cuccetta in camerata. Ho una strana agitazione addosso e la serata la vivo strana. Si fanno le 19:00 e, avendo saltato il pranzo, ho una fame da lupi. Entro in sala e siedo al tavolino che mi hanno preparato. È subito attaccato ad una tavolata di 8 veneti che sono in escursione per il week end. Mi chiedono di unire il tavolo al loro e facciamo conoscenza. Parliamo di montagna di sentieri del senso che offre l'esperienza della montagna. Tra loro c'è un ragazzo di 14 anni che poi vuole giocare a coppie a burraco e mi ingaggia come quarto giocatore. Dopo la partita subito a letto, alle 22:30 spengono le luci. Il cielo è tutto coperto, speriamo in domattina. Mi devo preparare per la ferrata.

Cortina d'Ampezzo - arrivo seggiovia Col Drusciè


Croda del lago - Da Rif. Pomedes


Gruppo Sorapìs - Da Rif. Pomedes


Gruppo Cristallo - Da Rif. Pomedes

sabato 13 luglio 2013

Guardare solo avanti

Il tempo fa la storia soltanto la memoria ferma un istante nella mente mia
Perché lui non aspetta lui scorre lento e in fretta non guarda indietro passa e non si ferma mai
Non so se c'è una fine né quanto ne rimane quello che voglio è provare a non buttarlo via
Pensando al mio passato e a quello che ho sbagliato
io mi riprendo questa vita e le occasioni che mi dà senza nessun rimpianto
Il tempo che verrà, il tempo che verrà, il tempo che verrà quanta altra vita ci darà
Il tempo che verrà, il tempo che verrà, se schiaffi o se carezze cosa mi darà
Un'ora sembra un giorno se aspetto il tuo ritorno un giorno è un'ora se tu sei vicino a me
E se si spezza il cuore il tempo è guaritore un fiume in piena porta tutto via con sé
Se mai farò un bilancio di questo lungo viaggio quello che spero è di aver donato un po' di me
Con gli occhi forse stanchi e coi capelli bianchi ci sarà tempo per quest'anima che tempo non ne ha che cerca eternità
Incorre gli anni miei con tutti i giorni suoi ma corre un po’ più forte se i miei sogni sono i tuoi
Poi passa e se ne va il tempo che verrà se schiaffi o se carezze cosa mi darà
Il tempo che verrà, il tempo che verrà, verrà… 

[Il tempo che verrà - Arisa]

domenica 30 dicembre 2012

Bilanci

Non è un'azione che normalmente sono abituato a fare al termine di un anno solare.
Di solito mi soffermavo a pensare se fossi riuscito a realizzare alcuni dei sogni che avevo espresso, oppure a constatare le brutte notizie o le difficoltà incontrate. Ma poiché il 2012 è stato un anno ancora più impegnativo del precedente, che già su questi spazi avevo giudicato come estremamente sofferente e doloroso, ho voluto mettermi per iscritto su di un foglio gli accadimenti che in maniera importante mi hanno suscitato emozioni positive e negative.
Non importa riportare ora qui questa lista, che comunque mi conserverò per bruciarla a fine anno, ma l'elenco degli eventi negativi conta 36 voci, mentre quello dei positivi ne conta 23.
Per restare sui numeri posso dire che i negativi sono il 56% in più dei positivi. E poiché, purtroppo, ogni singola voce non è uguale all'altra ma ognuna ha un peso differente, mi appare ancor più in misura esplicita quanta negatività abbia raccolto e accusato in questi 12 mesi.
Sono stufo, veramente, di percepire queste sensazioni. Sono stanco di guardarmi allo specchio e non vedere una pista illuminata (anche parzialmente) che faccia intuire quale direzione prendere. Sono anche abbastanza stremato da continuare a guardare avanti con i miei soli occhi e le mie sole forze.
Mi sento una tigre in gabbia. Non so ancora come fare ma prima o poi quella porta riuscirò a vederla aperta (sia che qualcuno la apra sia che riesca a scardinarla).
Detto questo, una cosa certa provo ogni giorno: quella carnale e mentale sensazione di essere ancora vivo. Questa sensazione, che ha tuttavia ancora sfumature differenti se provata alla sera o al mattino, è un dono di Dio, sicuramente, ma anche frutto delle mie azioni e di quanto sono riuscito ad agire.
Allora non vorrei affatto dimenticarmene... e per ricordare di non dimenticare, me lo sono scritto addosso.
La ragazza che oggi mi ha tatuato mi ha detto: ogni tatuaggio è una pulsione positiva... che ti sia di buon auspicio!
E allora sia...



giovedì 11 ottobre 2012

Ultimo viaggio

Un ora fa papà è entrato nella luce, letteralmente. Questa mattina in chiesa c'era tantissima gente ed è stato un enorme piacere. I ricordi più belli sono stati gli incontri con persone a me sconosciute che mi hanno detto: "ho lavorato con tuo papà tanti anni fa, è stato un grande uomo!". Ora ne ho la certezza, quando per un giorno intero per noi fissavi il vuoto senza 'vedere', in realtà osservavi gran belle cose. E proprio la sei voluto andare, finalmente. Ti lascio e ti ricordo con le ultime tre parole che hai detto a mamma: "ciao, ti saluto!".

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domenica 9 settembre 2012

9 mesi

Nove mesi fa, a quest'ora, ci portavano via la casa. Grida, timore, crepitii e fumo. Esco e vedo le fiamme a bordo del nostro studio e capisco che c'è ben poco tempo per mettere al sicuro quanto di più prezioso abbiamo in quella stanza. Spengo i pc e li stacco per portarli al piano di sotto. Poi guardo la libreria e decido di iniziare dai documenti di casa e lavoro. Ma ci sono anche i libri d'arte di Chiara e non so da dove iniziare. C'è più tempo di quanto pensassi e allora sposto anche i monitor e gli altri accessori. Le gambe e le braccia sono stanche per il peso spostato in velocità. Anche il bagno andrà a fuoco in fretta e mettiamo in una valigia quanto riusciamo. Qualcosa cola liquido dal tetto, è caldo e fuma. Dobbiamo scendere e sperare che i vigili del fuoco riescano ad arginare in fretta l'avanzare delle fiamme. In cucina abbiamo ancora la tavola apparecchiata e sotto le scale abbiamo già fatto il presepe. A fianco del divano guardo la custodia della Gibson che papà ha voluto regalarmi il giorno prima. Usciamo con la valigia riempita in bagno e la chitarra e incrociamo lo sguardo di un pompiere che sale le scale trafilato. Fuori è molto peggio che dentro. C'è un sacco di gente e confusione e l'acqua sembra che non basti mai. Passa il tempo, troppo e il fuoco brilla ancora nel buio della notte. Una signora mai vista, nostra concittadina, ci chiede di andare a casa con lei per tranquillizzarci. Ci andiamo ma io non riesco a rimanere li e lascio Chiara a bere una tisana. Quando finalmente l'incendio si smorza c'era ancora da svelare la sorpresa dell'acqua. Tutta la casa ne è piena: una cascata dalle scale, per terra un lago. Non ci fanno entrare ma sappiamo d'aver appoggiato per terra un sacco di cose e che ora si stanno allagando. Chiediamo ad un vigile di fare qualcosa e lui ci fa la cortesia di spostare le stoviglie dal tavolo appoggiandoci quanto era per terra (libri, pc). Si alza uno strano silenzio, nessuno ha più parole e voglia di dire nulla. Piangendo prendiamo la scopa e iniziamo a spazzare l'acqua da casa. Ci mettiamo quasi un'ora e non finisce mai. È tardi ed è ora di andare a dormire da un'altra parte anche se so che sarà difficile riuscire a farlo. Dopo quella sera sarebbe arrivato un secondo assurdo incendio, il sequestro degli appartamenti, l'inverno super rigido, l'assoluta mancanza di buon senso e di giustizia. Dopo nove mesi non sono ancora iniziati i lavori di ricostruzione e il futuro è ancora a tratti incerto. Pensavo che il 2011 fosse stato già sufficientemente doloroso ma mi sbagliavo.

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martedì 10 luglio 2012

Sommer Fest 2012

Questa sera c'è l'inaugurazione della decima edizione della Sommer Fest all'università della birra di Azzate. Questo vuol dire che è passato un anno esatto da quando io, Fabry, Edo e Ale ci stavamo apprestando a finire il check sound all'ingresso del locale. Ad essere precisi in questo momento stavamo tirando il telone verde di protezione dalla pioggia sulle nostre teste: avrebbe piovuto da li a poco. Che belle emozioni... sempre appesi al filo della speranza per delle buone previsioni del tempo e sempre con la voglia di suonare e far divertire il pubblico. Oggi il tempo è ancora minaccioso e si sentono i tuoni in lontananza. Magari inizia a piovere anche stasera. Fra un po' viene a prendermi Stefano e ci dirigeremo proprio li a vedere come sarà la serata d'inaugurazione. Ci sarà un gruppo che suonerà rock. Io prenderò appunti e se qualche canzone mi farà vibrare lo stomaco vedrò di ricordarla per proporla in sala prove. Ora i BAM sono in pausa e io spero un giorno di schiacciare nuovamente quel tasto play! Per un po' riprenderò la mia Gibson Les Paul e mi affinerò la tecnica.
E ora... grigliata mista, patatine, brezel e birra scura!

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domenica 12 febbraio 2012

Corde preziose

Le ultime disavventure con il tetto di casa, successe un solo giorno dopo questo acquisto, mi avevano fatto dimenticare di presentarvela! Questo è il mio nuovo acquisto musicale.
Gibson Les Paul Classic Custom Gold Top.
Fino a qualche tempo fa non avrei nemmeno immaginato di poter desiderare di acquistare una chitarra di quelle 'serie'. Non sono mai stato un virtuoso della chitarra elettrica e non ho uno stile sopraffino... Questo mi ha sempre portato a pensare che potessi meritare solo chitarre di media qualità, con tutto il rispetto dovuto alla mia prima compagna Cort M 520. Ma è bastato una prova di questa Gibson e il suo suono mi ha subito stregato. Spero mi accompagni per molto tempo ancora e possa allietare molte serate di buona musica.
Del resto.. life is the same, it doesn't change, it's a Gibson or a Fender!

domenica 19 settembre 2010

La musica che fa bene!

Ma quanta energia positiva! Questo è quello che dovrebbe fare sempre la musica.
C'mon everybody!!!!!!